Ore 9.00 (la sveglia oggi è decisamente più umana), sono davanti a casa di Barbara Fashiontheater. Abbiamo lasciato quasi tutto già in macchina da ieri, ma sorpresa!!! Mentre eravamo a Modena ieri sono arrivate con corriere delle nuove luci che Barbara aveva ordinato come supporto e sono decisamente più adatte. E tante. Credo che presto avremo bisogno di un Facchino Fashiontheater, ma temo che il budget non lo permetterà.
Arriviamo nei pressi del Teatro, scarichiamo e ci piazziamo di fronte al portone, in attesa della storica costumista Isa Binecchio, che, insieme alla sorella Marion, ha vestito generazioni di teatranti piacentini dagli esordi della compagnia Canea nei primi anni ’70 fino ad oggi. Scopriamo che, anche se la Canea ha ufficialmente cessato la sua gloriosa attività da qualche anno, quasi tutte le compagnie piacentine attingono da questo archivio costumi, che ora è passato ufficialmente al Teatro Gioco Vita di Diego Maj. La signora Binecchio arriva trafelata leggermente in ritardo e si scusa tantissimo di questo. Ha i capelli corti, leggermente cotonati, di un affascinante grigio azzurrino. Ci accompagna in zone sconosciute del Teatro: all’ultimo piano, di fianco al loggione, c’è quello che doveva essere stato il bar del loggione stesso, in tempi più patinati. Il bancone del bar, le sedie, i divanetti e le lampade a muro sono un tuffo negli anni Settanta, ad uno sguardo più attento si capisce che quelle pareti devono aver visto del bello…mi immagino party di fine serata con gli attori e gli ospiti di riguardo, una coltre di fumo (a giudicare dalle dimensioni dei posacenere), musica (a giudicare dai due pianoforti), fiumi di alcol (a giudicare dalle bottiglie ormai vintage rimaste) e gente su di giri (a giudicare da un paio di divanetti sfondati). Ma forse mi sto solo facendo un film… Dietro al bar, il vero gioiellino: l’archivio costumi. Sembra la stanza guardaroba di una nonna facoltosa, ci sono armadi anni ‘40- ‘50, cassettoni di legno, scatole da cappelli, specchi, cassetti da cui escono pizzi e punte di guanti, locandine degli spettacoli degli anni Settanta. Su ogni armadio c’è un piccolo adesivo che dovrebbe etichettare il contenuto: ‘600 , ‘700, ‘800, ‘900, ma, con sommo disappunto della signora Binecchio, è tutto mischiato. Con occhio esperto acchiappa sciarpine e camicette e le abbina a gonne e grembiuli. Poi si accorge che alcuni costumi sono “monchi “perché (si augura) il pezzo mancante deve essere rimasto nell’altro archivio, al Teatro dei Filodrammatici. I costumi più belli in questa parte di collezione sono quelli del primo Novecento, soprattutto quelli da donna, quindi decidiamo di concentrarci su quelli. Il Teatro è aperto e c’è un gran frullo di tecnici luci e audio, chiediamo come mai e ci dicono che stasera ci sarà il concerto di compleanno di Daniele Ronda, attuale idolo del folk piacentino. Non so cosa voglia dire folk piacentino, quindi non chiedetemelo. Vestiamo Violetta con un abito bianco lungo, aderente al corpo ma con la coda a sirena, maniche a sbuffo, dettagli e ricami neri. Assomiglia un sacco al costume di My Fair Lady, in realtà è il costume di Esmeralda di “Esmeralda ed Ermyntrude”,di Lytton Strachey, in scena nel 2003 ma ambientato nel 1913.. comunque decidiamo di metterle un grande cappello bianco con fiori applicati, sull’onda dei ricordi cinematografici che ci ha evocato. Ci sono poi costumi anni ’30 stile charleston,tra i quali alcuni originali dell’epoca ,tailleur anni Quaranta, abiti da ballo anni Cinquanta. Dopo la pausa panino iniziano le prove del concerto, e mentre Daniele Ronda canta quanto erano belli gli occhi di sua nonna, io e Barbara pensiamo che probabilmente era vestita come Violetta in questo momento. Abbiamo ormai concluso con i vestiti che ci eravamo prefissate di immortalare, è ora di smontare l’armamentario e tornare a casa, ma non abbiamo finito qui a Piacenza, abbiamo ancora altri tesori nascosti da svelare. Ma ci sarà tempo…