Nei ribelli anni ’20 del secolo scorso, la moda si aprì con gioia a influenze prima impensabili, dall’antico Egitto, alla musica (jazz, in particolare), allo sport in tutte le sue declinazioni, dalle gare automobilistiche al golf, dallo sci al tennis.
Su “La Donna”, periodico Mondadori del 1924 (una delle chicche che ogni tanto trovavo sui mercatini dell’antiquariato) il dott. Costanzo Einaudi, in un articolo dal titolo “La donna e l’igiene”, consigliava caldamente alle giovani donne di praticare sport, ribadendo inoltre che “La negligenza dell’uomo verso la giovinetta, nei paesi a civiltà intensa come la nostra, è causa del deperimento della razza.”
Riteneva in particolare adatti alle donne la ginnastica svedese, la marcia, la danza, il golf e il tennis.
Parliamo quindi di una delle prime dive dello sport: Suzanne Lenglen: un’icona della libertà della donna, con le caviglie scoperte, il cognac sorseggiato ai cambi campo e il divieto categorico agli organizzatori di programmare i suoi match prima di mezzogiorno, perché fino a quell’ora dormiva.
Nata nel 1899 in Francia, da bambina aveva studiato ginnastica e danza classica, e alcune sue movenze sul campo ricordavano proprio quelle della danza. Abituata fin da piccola ad una disciplina ferrea (il padre, a 11 anni, la faceva allenare con i ragazzi, perché non c’erano ragazze abbastanza forti con cui confrontarsi e superare i propri limiti), vinse il suo primo torneo a 15 anni e durante tutta la sua carriera, dal 1914 al 1926 non fu mai battuta. Fu la prima donna a utilizzare il servizio dall’alto, con gesti atletici e potenti, ma soprattutto si impose con la sua personalità e i suoi look.
Scendeva in campo con elegantissime creazioni del sarto Patou ed avvolgeva il capo con turbanti di seta. In certe occasioni indossò perfino una stola di pelliccia.
In un’intervista nel 1924, Patou disse: «I miei modelli sono studiati per l’attività sportiva. Li ho soltanto resi gradevoli da guardare come da indossare, e pratici per lasciare libertà di movimento».
Nel 1919, a Wimbledon, fu protagonista del primo “fashion scandal” nella storia del tennis, presentandosi con una mise non convenzionale per il torneo londinese: una blusa a maniche corte, una gonna a pieghe che le arrivava al polpaccio, calze di seta appena sopra le sue ginocchia e un cappello a coprire i capelli (corti). La stampa del tempo definì «indecente» l’abbigliamento della tennista francese, dato che quello tradizionale si componeva in maniera diversa: gonne alla caviglia e camicette a collo alto e a maniche lunghe». Il modo di vestire di Suzanne però cambiò completamente il modo di vedere e percepire il tennis, diede vita a nuove mode e persino a dei neologismi: il suo cappello di lino divenne il “Lenglen bandeau”, le sue scarpe basse con suola di gomma divennero “scarpe Lenglen”.
Ben presto quindi i cardigan leggeri, le gonne a pieghe, le scarpe basse lasciarono i campi da tennis e diventarono di moda anche tra le spettatrici e tra le giovani donne in generale.
Si possono trovare altre informazioni e immagini su Google Arts&Culture:
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