Approfondiamo la figura a cui è dedicata la Casa di Riposo per artisti bolognese, con l’aiutino di qualche enciclopedia…
Lyda Borelli è un personaggio che appartiene al mondo del teatro e del cinema, ma anche della moda e in generale al mood di un’epoca.
Con spettacoli quali Salomè (1909), con i suoi modi eccentrici e acclamati di recitazione e con i suoi abiti e costumi firmati Poiret, Fortuni, Caramba o Gallenga, Borelli fu l’emblema di un’epoca, un’artista dall’articolata immagine e di assoluta modernità dato l’alto livello delle opere d’arte che la videro come soggetto e interprete. I suoi capolavori andarono infatti oltre l’ambito del teatro e del cinema facendone una grande interprete della cultura liberty che ha dominato le varie arti, dalla pittura alla fotografia, alla musica, alla letteratura e quindi anche teatro, cinema, architettura, design e moda.
L’icona Borelli trovò espressione sia nelle arti, sia nella cultura popolare, divenendo soggetto di quadri d’autore, di pastelli, disegni, sculture, fotografie artistiche, ma anche di manifesti, cartoline e caricature, portando la sua influenza di divina nella moda, con abiti e costumi che segnarono il gusto del suo tempo.
BIOGRAFIA
Nata nel 1886, cominciò la sua carriera in teatro, dove debuttò nel 1902 a 15 anni. Nel 1904 fece parte della compagnia di Virgilio Talli dove divenne prima attrice giovane a soli diciotto anni e recitò nella prima rappresentazione de La figlia di Jorio di Gabriele D’Annunzio, interpretò il ruolo di Splendore. In breve tempo diventò una delle prime donne più apprezzate e celebri del teatro italiano, considerata l’erede della grande Eleonora Duse, accanto alla quale recitò nel 1905.
Nel 1913, mentre era alla compagnia Piperno-Borelli-Gandusio, partecipò al suo primo film dal titolo “Ma l’amor mio non muore” diretto da Mario Caserini. Pare che il personaggio della protagonista fosse stato ideato appositamente per lei. La pellicola ebbe un grandissimo successo e Lyda Borelli diventò subito una divina amata e ammirata dal pubblico. Nacquero neologismi come “borellismo” e “borelleggiare” per descrivere il fenomeno di imitazione che aveva scatenato nel pubblico femminile. Il grande successo la consacrò “divina” per antonomasia fra le attrici cinematografiche.
La carriera di Lyda Borelli fu intensa, ma molto breve. Durò appena cinque anni, in cui girò tredici film perché si ritirò definitivamente a vita privata nel 1918, ancora al culmine della celebrità, dopo aver sposato il conte Vittorio Cini. Tra i suoi più grandi successi Fior di male, Rapsodia satanica con le musiche di Pietro Mascagni e Malombra. Lyda Borelli fu la prima grande sacerdotessa del nascente divismo.La sua bellezza preraffaellita, le sue pose da femme fatale dannunziana, la sua recitazione fatta di gesti eccessivi, di subitanei languori e di sguardi torbidi, divennero il modello di una intera generazione di attrici e influenzarono la moda fino a diventare un vero e proprio fatto di costume.