14 luglio, caldo da morire e un anniversario importante, una di quelle date (insieme alla scoperta dell’America, la morte di Napoleone e poche altre) che a scuola ti fanno imprimere nel cervello per il resto dei tuoi giorni: la presa della Bastiglia, il culmine della Rivoluzione Francese, il popolo che si ribella all’assolutismo monarchico a cui era soggetto da secoli e secoli.
Per noi trenta-e-qualcosa però è anche l’anniversario della morte di una delle nostre più amate e ambigue eroine: Lady Oscar, protagonista del celeberrimo manga giapponese Versailles No Bara, di Riyoko Ikeda, nonché del cartone animato che ci ha accompagnati in tanti pomeriggi e ci ha reso indimenticabili alcuni personaggi storici dell’Ancien Regime, dal Re Lugi XV alla contessa di Polignac, dal conte Axel di Fersen alla regina Maria Antonietta (e imbelle consorte).
Ma il tormento che vessava lei, Oscar François de Jarjayes, nata donna ma “suo padre voleva un maschietto” (come recitava la sigla vintage) e pertanto come tale educata, imbattibile con la spada e apparentemente anaffettiva, era il vero motore
dell’azione e il motivo per cui, pur non capendo fino in fondo le implicazioni psicologiche e le scelte del personaggio, era impossibile resistere al suo fascino.
Oscar è e rimane uno dei simboli delle donne che, con impegno e dedizione e con gli stessi mezzi concessi agli uomini, possono raggiungere uguali o migliori risultati di loro in qualsiasi ambito. Dopo, molto dopo, è arrivata Samantha Cristoforetti…ma non divaghiamo.
Fino all’adolescenza comunque tutto bene, Oscar è convinta beatamente di essere un ragazzo, tale e quale al suo compagno di giochi e allenamenti André. Diventata capitano e poi comandante della Guardia Reale della Regina Maria Antonietta, nessuno a corte sospetta di nulla: le dame sospirano al suo passaggio e fanno a gara a ballare con lei/lui. Ma quando dalla Svezia compare il Conte di Fersen, l’ormone femminile, evidentemente mai del tutto sopito, sobbalza e Oscar ha un memorabile
cedimento in occasione di un ballo in maschera in cui, incredibilmente, si presenta in abito da sera da dama. Purtroppo Fersen è già impegnato in un pericoloso rapporto con la Regina Maria Antonietta e alla fine, per evitare lo scandalo, si arruola per combattere nella Rivoluzione Americana togliendo ogni tentazione ad entrambe.
Noi bambine buone, che non abbiamo mai capito perchè Oscar ignorasse del tutto quel bel manzo di Andrè, devoto e innamorato (fino a quando, crescendo, anche noi ci siamo innammorate del tenebroso che se la tirava, spezzando con leggerezza il cuore al nostro adorabile e invisibile compagno di banco), siamo rimaste un po’sconvolte dalla scena in cui anche l’ormone di Andrè, fino ad allora sempre sopito, si risveglia di colpo con discreta violenza, con lo strappo alla camicia di Oscar che
rivela le sue forme femminili. Da quel momento però Oscar sembra improvvisamente accorgersi di lui, rivelandosi in questo molto donna.
Lo struggimento tra il voler essere qualcosa di diverso, il voler superare i propri limiti, il voler essere la migliore professionista e la migliore persona è un sentimento che accompagna molte di noi diventate grandi ed è il motivo per cui siamo così affezionate alla nostra eroina.
Ecco il link alla pagina di una bravissima e rigorosa cosplay italiana, Rosi Dotti, che interpreta magistralmente Lady Oscar:
http://www.facebook.com/pages/LADY-OSCAR-by-Kurimi-Italian-Cosplayer/383839975050085?fref=ts
Nella foto centrale, io al comando del mio ufficio insieme a madamigella Linda.
Monica Fashiontheater