A Bologna c’è una villa circondata da alberi e giardino dove attori, musicisti, artisti che hanno abbondantemente passato gli “anta” possono passare in compagnia e in maniera più o meno creativa gli anni della pensione. È la Casa di riposo intitolata a Lyda Borelli, attrice dei primi anni del Novecento, arredata in stile Liberty e ricca di fotografie e cimeli degli illustri ospiti.
Io, Violetta e Jean Claude arriviamo in auto e ci sistemiamo in una sala. Barbara è in treno e (ovviamente) in ritardo. Mentre litigo con i cavalletti che tento di montare nonostante la mia risaputa manualità da foca, Alberto, il responsabile della biblioteca, cerca le chiavi per aprire l’armadio che contiene i capi per cui siamo qui: una piccola collezione di costumi appartenuti ad Antonio Gandusio.
Gandusio, attore teatrale e cinematografico italiano,fu protagonista di repertorio basato principalmente su pochade e farse (probabimente anche a causa delle sue caratteristiche fisiche: voce sgraziata, leggera gobba, viso irregolare); fu però anche intenso interprete dei drammi di Luigi Pirandello, di cui stva preparando una versione televisiva prima della morte, avvenuta nei primi anni ’50.
Arriva anche Barbara e dall’armadio emerge una giacca della fine del’700, tramandata da maestro ad allievo per generazioni, un coloratissimo Arlecchino, alcuni abiti da gentiluomo del settecento, mantelli, camicie e, a sorpresa, un top femminile appartenuto a Lyda Borelli in persona e indossato nella prima rappresentazione de “La figlia di Iorio” di D’Annunzio.
In un’altra vetrinetta ci sono abiti, scarpette, fascinator (o forse all’epoca si chiamavano ancora velette..), ombrellini appartenuti a Dina Galli, attrice italiana di teatro e cinema attiva fra gli anni 1910 e 1940, appoggiati ad un manichino che riproduce le sue fattezze (o meglio, la sua caricatura).
I vestiti escono dall’armadio e diventano personaggi addosso a Jean Claude e Violetta, ancora una volta missione compiuta per Fashiontheater!